Questa è la testimonianza di una nostra alunna che ha partecipato al progetto di Scambio di classe Intercultura e che ha visitato il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau ad ottobre 2018.
Abbiamo pensato di pubblicarla in occasione del Giorno della Memoria certi che possa stimolare in tutti noi le dovute riflessioni...
La visita al museo di Auschwitz
In occasione dello Scambio di classe Intercultura fatto lo scorso autunno con gli studenti del Liceo “Ogólnokształcące im. Stefana Żeromskiego” di Opoczno (Polonia), ho avuto l’opportunità di visitare il museo di Auschwitz-Birkenau insieme ad altri undici studenti del nostro Istituto. Siamo stati accompagnati dalle proff.sse A. Merlicco e M. S. Niccoli e da una guida che ci ha illustrato e descritto la struttura e la gestione del campo di concentramento.
Auschwitz è generalmente noto per essere un unico grande campo, ma in realtà è costituito da una struttura centrale dalla quale si svilupparono altri campi ‘satellite’ che facevano capo ad esso.
Il cosiddetto Auschwitz 1 nasce come campo di concentramento nel 1940 e soltanto successivamente a questa data si trasformerà in campo di sterminio. Data la sua enorme dimensione, il campo era diviso in più sottosezioni, anche allo scopo di controllare e fermare eventuali ribellioni da parte dei prigionieri. Al centro c’era l’area femminile, delimitata dal filo spinato che non permetteva il contatto tra membri appartenenti alle stesse famiglie.
Nel campo erano presenti numerose baracche adibite a dormitori: i prigionieri dormivano per terra e sulla paglia. Solo in seguito furono posizionati dei letti a castello che contenevano fino a otto persone per ripiano. Per accedere ai bagni i prigionieri dovevano attendere determinati orari e il loro utilizzo avveniva sotto lo stretto controllo delle guardie o di alcuni prigionieri ai quali veniva affidato il compito di sorvegliare tali operazioni.
Nel Blocco 11 c’erano le prigioni sotterranee. Le celle erano divise per tre categorie di pena e in esse i prigionieri venivano costretti a restare in piedi per giorni, senza riuscire neanche a dormire, oppure rischiavano di morire di asfissia per la mancanza d’aria; infine in un’altra tipologia di celle i prigionieri venivano lasciati morire di fame.
Erano presenti quattro blocchi adibiti ad ospedale in cui le condizioni igieniche e lo spazio vitale non erano molto diversi da quelli delle baracche dormitorio. In alcuni locali di queste strutture venivano spesso eseguiti esperimenti sulle persone per tentare manipolazioni genetiche, in particolare su donne e bambini.
Le impiccagioni erano pubbliche, diversamente dalle fucilazioni, e l’appello più lungo arrivò a durare ben 19 ore.
Il campo Auschwitz 2 fu costruito nel 1942 e diversamente da Auschwitz 1 nacque subito come campo di sterminio, infatti furono costruite quattro camere a gas in cui gli ebrei venivano uccisi con il cianuro (tramite alcune fonti si è scoperto che per uccidere 1000 persone venivano utilizzati tra i cinque e i sette chili di cianuro).
Solo nel 1944 fu introdotto il sistema idrico nel campo e fino ad allora le condizioni erano molto più precarie rispetto ad Auschwitz 1 data l’assenza di fondamenta e la presenza di fango nelle baracche, soprattutto nel periodo invernale. Tutto questo lascia senza parole quando si pensa che in ogni baracca erano costrette a vivere fino a mille persone, senza servizi igienici e senza uno spazio vitale umanamente dignitoso.
Auschwitz 1 era considerato un luogo “migliore” per i prigionieri perché erano presenti i bagni e perché era una struttura preesistente e, in quanto tale, migliore dal punto di vista strutturale. I campi satellite erano situati vicino ad alcune fabbriche allo scopo di mandare i prigionieri a lavorare presso di esse.
I turni erano di 11 ore al giorno nel periodo estivo e di 9 ore e mezzo durante l’inverno; le pause erano a discrezione degli ufficiali che sorvegliavano l’attività. Il pasto non era garantito tutti i giorni e in ogni caso il cibo scarseggiava e consisteva prevalentemente in zuppe e patate.
Grazie alle varie ricostruzioni e ai film ambientati ad Auschwitz, siamo portati ad immaginare le deportazioni degli ebrei come delle operazioni caratterizzate da atti di violenza e costrizione, ma in realtà agli ebrei veniva fatto credere dai tedeschi di andare in un posto migliore rispetto a quello di provenienza, dove potevano trovare opportunità di lavoro e condizioni di vita adeguate. Gli ebrei dunque accettavano di salire sui vagoni dei treni in cui venivano stipate più di cento persone alla volta, ed erano convinti di tale verità in quanto tutti i loro oggetti personali, oltre alle stoviglie, la biancheria ed altre cose necessarie per la casa, venivano fatti spedire dai tedeschi nei vari luoghi di destinazione. Avevano dunque la sensazione di fare un trasloco e non certo di finire in un campo di prigionia.
La triste realtà era che, appena scesi dai vagoni, tutti gli ebrei venivano suddivisi, in base alle loro caratteristiche fisiche e all’età, tra coloro che erano destinati a morire subito e coloro che invece erano idonei per il lavoro. Dopo la selezione, tutti venivano rasati e segnati con un numero identificativo sul braccio. Inizialmente ai prigionieri nei campi di concentramento furono scattate delle foto allo scopo di identificarli e registrarli, ma poiché dopo pochi mesi il loro aspetto cambiava in maniera impressionante, tale pratica risultò inutile e fu sostituita da registri cartacei.
Molte persone trovarono il modo di suicidarsi correndo verso il filo spinato che delimitava il campo, poiché sapevano che ogni tentativo di fuga sarebbe stato punito con un’immediata fucilazione.
All’inizio i cadaveri venivano seppelliti in fosse comuni, ma in seguito i corpi vennero disseppelliti e bruciati nelle camere a gas.
Al giorno d'oggi non ci rendiamo conto delle crudeltà e delle disgrazie che queste persone hanno subìto durante la Seconda guerra mondiale, e tutto ci sembra distante dalla nostra realtà e quasi impossibile da immaginare. Per noi ragazzi l’aver visto questi luoghi e l’aver sentito la descrizione di tutto ciò che vi è avvenuto è stata un’esperienza molto forte dal punto di vista emotivo ed è servita a farci capire meglio cosa ha significato l’Olocausto per la storia di tutta l’umanità.
Cristina Morettini, 3AL